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giovedì 12 marzo 2015

PISOGNE "Antica Miniera Quattro Ossi" il video e la storia

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La porta d’ingresso per la miniera delle meraviglie è stretta come la tana del Bianconiglio di Alice. Abbiamo viaggiato nel sottosuolo di Pisogne che è, allo stesso tempo, storia e tradizione, capolavoro della natura e ambiente fiabesco: le grotte dei «Quattro Ossi» di Grignaghe sono tutto ciò che non ti aspetteresti mai di trovare a due passi dal lago. «Sono anni che ci diamo da fare per far conoscere questo sito e dare la possibilità a tutti di visitarlo - spiega Maurizio Finazzi, presidente del gruppo Speleo-Cai di Pisogne che da anni si preoccupa di sorvegliare e valorizzare la zona -. Non si paga nemmeno il biglietto d’entrata perché qui è tutto volontariato e passione». Con lui c’è lo speleologo e alpinista Roberto Ziglioli, che da anni studia, scrive e documenta i tesori nascosti nel cuore delle montagne. «Ogni anno, le miniere vengono visitate da circa un migliaio di persone, soprattutto scolaresche - aggiunge Ziglioli -. Ma se ci fosse una maggior consapevolezza dell’importanza e delle potenzialità di questo luogo, si potrebbe davvero fare molto anche dal punto di vista turistico e didattico». Caschetto in testa e zaino in spalla, ci inoltriamo nei boschi di Pontasio con gli occhi e l’obiettivo della macchina fotografica spalancati sull’ignoto. Le miniere ferrose e traslucide delle montagne pisognesi, per centinaia di anni hanno dato ferro e manganese alla Repubblica Veneta e sostentamento economico ai «briganc» e ai guardiani della montagna: i volontari loveresi e del gruppo Speleo-Cai Montorfano, da anni fanno luce sulla metà oscura di un mondo invisibile fatto di gallerie, salti, cunicoli, scorciatoie, saloni e camini lunghi quasi due chilometri. Affondiamo, con caschetti, corde e torce a led, nella tana del tesoro pisognese dove, 400 anni dopo, ci sono ancora le tracce di lavoro e dinamite, croci e lampade a petrolio.
Ci infiliamo ricurvi in un budello di roccia mentre ci assale un senso di claustrofobia: se la montagna tossisce, siamo fregati. Roberto e Maurizio sorridono, ammettono che con i ragazzi delle scuole bisogna inventarsi anche qualche storia alla Indiana Jones per tenere alta l’attenzione. 
«Da qualche anno, celebriamo qui la messa di Mezzanotte a Natale» racconta Ziglioli. Qui dove? Improvvisamente, la torcia illumina una cavità tappezzata di calcare che somiglia ad un santuario naurale. «Abbiamo costruito un piccolo altare nel salone: vedi cosa fanno le muffe e il calcare?». Tutto intorno, siamo avvolti da sfere di calcare simili a cavolfiori giganti. Ci caliamo per una scaletta,
«aggrapparsi alle corde, prego», niente paura e respirare l’odore pungente della terra bagnata. Siderite, calcari, acqua e cristalli sprigionano un arcobaleno di colori che lasciano senza fiato. «I cunicoli che si possono visitare sono solo una minima parte perché i crolli hanno chiuso diversi passaggi», spiega Roberto. La natura, quaggiù, ha cristallizzato ogni cosa: gallerie e scalini, legni marci e vecchi chiodi. Il bosco di Pontasio è lontano anni luce e scopriamo che nel buio fitto del sottosuolo, come in fondo all’oceano, c’è un mondo minuscolo fatto di batteri e insetti, muschi e gocce d’acqua che sopravvivono e misurano il tempo che da secoli scorre sempre uguale. Magie della natura, a due passi da casa. 

Vent’anni di rilievi, indagini e sopralluoghi 
Speleologi al lavoro nelle miniere che si estendono fino alla valle del Trobiolo

Vent’anni di rilievi, indagini, sopralluoghi e sogni di rilancio. Per anni, team di speleologi hanno «annusato» le rocce e studiato l’origine, la conformazione geologica e le vicende economiche legate allo sfruttamento delle miniere pisognesi che si estendono da Grignaghe fino alla valle del Trobiolo. «Le tre principali formazioni stratigrafiche sono il basamento cristallino, il verrucano lombardo e la formazione del servino - scrive Roberto Ziglioli nella sua relazione -. È proprio nei sedimenti del servino che si trovano i principali banchi di ferro, bario, rame e bismuto. Negli anni d’oro dello sfruttamento minerario, si estraeva soprattutto la siderite ma anche quarzo, calcite e barite». L’attività mineraria proseguì fino al 1966 quando, a seguito del calo della domanda e dell’esaurimento di materiale, l’attività estrattiva cessò in maniera definitiva. Oggi, le miniere dismesse di Pisogne sono un piccolo tesoro naturale e tappa imperdibile per gli amanti dell’avventura: per chi fosse interessato a farci un giro basta telefonare al numero 035-962626.
GdB - Sergio Gabossi