venerdì 16 marzo 2018

L'ISOLA CHE NON C'ERA SUL LAGO DI ISEO La domanda da 10.000 €: ce la farete a realizzare l’isola???



Il gruppo promotore, le associazioni culturali e sportive che hanno aderito al progetto stanno organizzando 80 ORE di attività alternanza scuola lavoro a sostegno della cultura e dello sport del nostro territorio. Il tema del progetto di quello della comunicazione della cultura, dell’ambiente e dello sport e abbiamo già realizzato le prime 40 ore presso l’agriturismo “Libera Università di Alcatraz” di Jacopo Fo e stiamo realizzando le ulteriori 40 ore già previste in collaborazione con L’EMPORIO delle Idee di Costa Volpino e con le compagnie teatrali Olive a pArte e Silence Teatro di Lovere, la Lanterna Teatrale di Marone.

La prima classe che ha aderito a questa prima sperimentazione è la IVB del Liceo Scientifico di Lovere, indirizzo Scienze Applicate e grazie a questi studenti “La Cultura Addosso” ha partorito il suo primo piano di comunicazione.

Durante l’esperienza presso l’agriturismo di Jacopo Fo a Gubbio (approfondimenti qui) infatti i ragazzi hanno scelto di impegnarsi nella promozione di un progetto ecologico-ambientale: “L’Isola che non c’era sul Lago d’Iseo”. 

Si tratta di un’isola che depura l’acqua del nostro lago completamente autonoma e senza impatto ambientale (Scheda tecnica dell’isola). Esistono altre isole di bottiglie di plastica nel mondo, ma la nostra è l’unica che produce acqua pulita.

E’ un’isola che servirà a depurare il lago, ma non solo: anzitutto la faremo viaggiare verso tutte le scuole che si affacciano sul Sebino perché i bambini possano imparare e copiare l’idea, i docenti possano insegnare l’ecologia, ma soprattutto serve a tutti noi per comunicare la nostra passione per il nostro ambiente e il nostro lago 
Per ora è solo un bel sogno quest’isola, perché abbiamo bisogno di soldi per poter acquistare alcune materie prime e per farci supportare dagli artigiani che dovranno realizzare gli impianti elettrico e idraulico. Sappiamo che ci servono 10.000 euro e abbiamo scelto di scommettere su una piattaforma di crowdfunding e sappiamo che per realizzare questo nostro sogno abbiamo bisogno di te: diffondi e sostieni il nostro progetto!

L’isola di bottiglie di plastica ideata dai ragazzi di 4B del Liceo Decio Celeri potrebbe diventare la terza isola artificiale creata con materiali di scarto. 

Richart Sowa, un artista, un ambientalista e un ex falegname, costruì la prima isola di plastica nel 1998 ma questa fu distrutta dall’uragano Emily nel 2005. L’ uomo non si arrese e così cavallo tra il 2007 e il 2008 iniziò a racimolare materiale riciclato per assemblare un’isola composta da 150 mila bottiglie di plastica che raccolse in vari sacchi. Mise sabbia e terra su una base costituita da vecchi pallet, per favorire lo sviluppo della vegetazione le cui radici in crescita si snodano attraverso la rete dei sacchi con le bottiglie, aiutando a mantenere tutto legato insieme. Sowa ha fatto di quest’isola la sua casa creando una piccola struttura che raccoglie l’acqua piovana per il suo lavandino e sfrutta pannelli solari per cucinare. I suoi rifiuti umani, poi, diventano concime.

Un altro esempio è quello di un 57enne americano, Bruce Kania, che si è inventato un business ecologico: usando dei rifiuti di plastica, crea delle isole galleggianti che contribuiscono a migliorare l’ambiente, puliscono l’acqua e incrementano l’habitat per pesci e altre specie indigene. Le radici delle piante che si prolungano nell’acqua riescono a depurare l’ambiente.

I liceali per far fronte al grave inquinamento del lago d’Iseo hanno ripreso l’idea di Richart e Bruce, ma invece di un’abitazione hanno deciso di installare un sistema di fitodepurazione in grado di riprodurre il principio di autodepurazione tipico degli ambienti acquatici.

Purtroppo esiste un’altra famosa isola nota anche come grande chiazza di immondizia del Pacifico che è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situata nell’Oceano Pacifico. La sua estensione non è nota con precisione: le stime indicano un’area più estesa della superficie degli Stati Uniti con un ammontare complessivo di 3 milioni di tonnellate di rifiuti.

L’accumulo si è formato a partire dagli anni 80, a causa dell’azione di una corrente oceanica dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario, il centro di tale spirale permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro, formando un’enorme “nube” di spazzatura presente nei primi strati della superficie oceanica.

Una chiazza di detriti galleggianti simile, con densità comparabili, è presente anche nell’Oceano Atlantico.

A causa della plastica dispersa nei mari molti animali come tartarughe e uccelli muoiono a causa di questi scarti, scambiati talvolta per meduse o pesci.

giovedì 15 marzo 2018

ISEO apre un grow shop, nuovo punto vendita legale di prodotti derivati dalla cannabis


E' 'Canna-business' !
in Italia censiti oltre 400 negozi, solo in Lombardia sono 67 , A Brescia 4 e in provincia si possono trovare a Bagnolo Mella, Gavardo e Salò ....il prossimo APRE A ISEO!
è un franchising  con vendite anche online Navira
da VENERDÌ 16 MARZO dalle ore 19:30 via Mirolte ad ISEO (BS)!

l CBD è l'acronimo di cannabidiolo, un cannabinoide non psicoattivo come il thc (Tetraidrocannabinolo) e che rimane una delle molecole principali che costituisce la pianta della cannabis sativa.
Di recente, è oggetto di studio tra scienziati e consumatori per le sue potenti qualità benevoli sia fisiche che mentali visto che il suo potenziale terapeutico è stato evidenziato in un gran numero di malattie e sintomi.
 I cannabinoidi, come il CBD, si legano ai nostri recettori e stimolano risposte in diverse zone del corpo, favorendo diversi meccanismi neurologici benefici. Alcune prove di laboratorio hanno confermato come il CBD agisca sul recettore CB1, generando effetti fisiologici diversi. 
Elencarli tutti non basterebbe una pagina in breve si può definire anti-infiammatorio, anti spastico, mio-rilassante, anti-emetico, anti-tumurole….ma la caratteristica principale…...è LEGALE!

Che cos'è il CBD?

Il CBD, è uno dei cannabinoidi più abbondanti nella canapa. È stato ampiamente dimostrato che questa molecola ha diverse proprietà terapeutiche, tra cui la capacità di rilassare il corpo.

Sebbene agisca sul nostro organismo offrendo importanti benefici, il CBD non ha proprietà psicoattive come il suo parente più stretto, il THC. Non bisogna quindi confondere l'azione di questi due cannabinoidi.

martedì 13 marzo 2018

24 e 25 marzo 2018 GIORNATE FAI DI PRIMAVERA 2018 - BRESCIA E PROVINCIA






SALE MARASINO Comunità Montana del Sebino Bresciano CORSO PER G.E.V.

CORSO PER G.E.V. (Guardie Ecologice Volontarie) 

La Comunità Montana del Sebino Bresciano organizza un nuovo corso per aspiranti GEV; sono pertanto aperte le pre-iscrizioni, l'attivazione del corso è vincolata al raggiungimento di un numero minimo di 40 partecipanti.

Per informazioni è possibile contattare il servizio GEV alla mail : guardiecologiche@cmsebino.bs.it oppure alla mail info@cmsebino.bs.it

PROVAGLIO D'ISEO - CHIESA DI SAN BERNARDO

Foto Andrea Paganotti



Provaglio d'Iseo- via Regina Elena


L’analisi stratigrafica della muratura della Chiesa condotta nel 1995 ha individuato la presenza di resti murari risalenti al tardo medioevo, probabilmente intorno al XIV secolo. Questi resti sembrano delineare un perimetro quadrangolare corrispondente alla parte antistante l’abside della chiesa attuale. La base quadrangolare e il discreto spessore murario portano quindi ad ipotizzare che in quell’epoca esistesse già una struttura sviluppata in altezza, cioè un torrione, presumibilmente con compiti di difesa o di avvistamento, che faceva parte di un complesso sistema di controllo dell’importantissima arteria Brescia-Iseo. Negli ultimi decenni del XV secolo, con le mutate condizioni politiche e vista l’accresciuta importanza del nucleo abitativo, si decise di smantellare il sistema fortificato e di riutilizzare il materiale e le murature per edificare una chiesa dedicata a San Bernardo. Lo scopo principale era, probabilmente, quello di agevolare la partecipazione degli abitanti di quella contrada alle funzioni religiose dal momento che la chiesa parrocchiale era allora soltanto il lontano monastero di San Pietro in Lamosa. Il nuovo edificio presentava la struttura tipica dei complessi religiosi locali del XV secolo: navata scandita da arconi trasversali ad ogiva impostati su piedritti, soffitti con travi lignee e tavelle in cotto, facciata con profilo a capanna e finestra tonda centrale, abside circolare. Dai documenti risultano già officiate delle messe a partire dal 1496. Durante il XVI secolo si procede con la decorazione e l’arredamento della Chiesa. Gli affreschi che affiorano tra la controfacciata e i primi due arconi sul lato settentrionale risalgono a questo periodo. Particolarmente interessante il polittico databile 1597 con l’Annunciazione, San Benesius, San Fermo, San Rous e le storie del Beato Simonino da Trento nel registro inferiore. Se San Rocco, S. Fermo e il beato Simonino da Trento sono culti diffusi nella zona, inedito appare invece San Benesio di cui non vi è traccia in nessun martirologio. Potrebbe dunque essere un errore di scrittura e riferirsi a San Benio, San Bennagio o San Benedetto oppure trattarsi di un personaggio che godeva di un certo culto locale ma non ancora canonizzato e di cui se ne perse poi traccia. Il verbale della visita alla chiesetta di San Carlo Bartolomeo nel 1580 testimonia la presenza di ben sei altari laterali, a dimostrazione di quanto la chiesetta fosse partecipata da parte della comunità. Nel corso del XVII secolo la Chiesa subì profonde trasformazioni, sia per il mutato gusto architettonico, sia per la pressante richiesta dei vescovi locali di adattare l’edificio alle norme sancite dal concilio di Trento. La facciata venne modificata sostituendo la finestra circolare con un’apertura rettangolare e realizzando un nuovo portale in pietra di Sarnico recante la data 1611. Per esigenze di culto fu sostituita l’abside circolare con una quadrata più spaziosa e adatta ad accogliere un nuovo grande altare in stile barocco. Risale a quest’epoca anche il piccolo campanile, la tamponatura delle finestre originali e l’eliminazione dei sei altari laterali. È dunque la fase edilizia secentesca quella che più di ogni altra ha consolidato l’immagine attuale della Chiesa. Anche le tele dipinte, il pulpito, la cantoria, le cassapanche ed il mobilio in generale risalgono alla seconda metà del XVII secolo o ai primi anni del XVIII secolo. Tra il 1810 e il 1850 la chiesa di San Bernardo subì una nuova fase di ristrutturazione: venne costruita la sagrestia, fu sistemato il tetto e realizzata una pavimentazione in cotto lombardo. I lavori di mantenimento si protrassero anche nel Novecento quando venne abbassato il piano stradale che portò alla necessaria realizzazione di gradini in cemento davanti alla porta d’ingresso. La chiesa è testimonianza di alcuni fatti curiosi. Il primo si riferisce ad un altare esterno alla chiesa dedicato a San Fermo. Nella festività del Santo era consuetudine condurre gli animali attorno alla chiesa per farli benedire, ma questo andava contro i dettami del Concilio di Treno secondo i quali ogni celebrazione avrebbe dovuto essere depurata da qualsiasi tradizione pagana. San Carlo Borromeo, durante la sua visita nel 1580, impose di rimuovere l’altare esterno e di trasferire il titolo all’altare maggiore. La gente, estremamente legata al piccolo altare esterno, cercò di mantenerlo ma dovette cedere quando nel 1616 fu proposta l’interdizione della Chiesa qualora l’altare non fosse stato smantellato. Altro fatto curioso e di rilevante importanza storica è il ciclo di affreschi dedicato al beato Simonino da Trento. Sul territorio di Provaglio di Iseo sono presenti ben otto affreschi a lui dedicati: quattro sono collocati presso il Monastero di San Pietro in Lamosa e quattro all’interno della Chiesa di San Bernardo. Simone Underdorben, noto come Simonino, era un bambino di due anni la cui famiglia, forse originaria di Lovere, paese sulla sponda bergamasca del Lago d’Iseo, trasferitasi a Trento, scomparve la sera del 23 marzo 1475, giovedì santo. Il suo corpicino fu ritrovato martoriato il giorno di Pasqua in un fosso vicino alla casa di una famiglia ebrea. Nonostante il Papa e l’Arciduca del Tirolo si opposero a questa ricostruzione, il Vescovo e il podestà di Trento incolparono dell’accaduto gli ebrei. Li accusarono di aver ucciso Simonino per un macabro rituale anticristiano: seviziare piccoli cristiani e berne sangue come blasfemia durante il giorno della Passione di Cristo. Quindici ebrei furono accusati di essere coinvolti direttamente nell’omicidio, torturati e mandati al rogo, mentre l’intera comunità ebraica di Trento fu espulsa dalla città. Solo nel corso del Novecento la comunità ebraica riuscì a dimostrare la propria estraneità ai fatti. In base alle nuove ipotesi, Simonino sarebbe accidentalmente caduto nel fosso, morto annegato e in seguito il suo corpo straziato dai morsi di qualche animale. O addirittura potrebbe essere stato ucciso da alcuni cristiani con la precisa intenzione di far ricadere la colpa sugli ebrei. Sebbene inquietante, questa eventualità ha fondamenti documentali così precisi d’aver consentito di risalire all’identità dei presunti assassini cristiani: Giovanni Schweitzer e Angelino Roper. All’epoca la verità non emerse e, nonostante il Papa minacciò di scomunicata i sostenitori di questa tesi, per secoli l’immagine del piccolo Simonino venne utilizzata in funzione antiebraica e nel 1588 si arrivò addirittura alla beatificazione a furor di popolo. Solo nel 1965 la chiesa fu capace di accogliere ufficialmente la ricostruzione degli storici e abrogò definitivamente la celebrazione di Simonino quale martire della violenza ebraica. 

Bibliografia 
AA.VV, La mappa del tesoro. Materiali per un museo del territorio, Associazione culturale San Pietro in Lamosa, Provaglio d’Iseo, 2004. 
Laura Ruberti
****************

La chiesetta di S.Bernardo reca al suo interno anche alcuni interessanti affreschi che testimoniano del culto locale tributato a S.Simonino da Trento. Verso la fine del XV secolo la vicenda di Simonino ebbe un grande impatto nella realtà bresciana e costituì uno dei momenti più acuti della persecuzione antisemita. Nell'anno 1475 avvenne a Trento l'uccisione di un bambino, di nome Simonino, il cui corpo era stato martoriato da numerosi colpi di punteruolo. Dell'omicidio fu ingiustamente accusato un gruppo di ebrei, giudicati rei di omicidio a scopo rituale. Ne seguirono condanne al rogo degli israeliti, confische dei loro beni e messa al bando dell'intera comunità ebraica di Trento.Per la festa di S.Bernardo i contradaioli invitavano amici e parenti residenti anche in altre contrade a trascorrere assieme a loro la ricorrenza. A tavola veniva servita quasi sempre una gallina e, per tradizione, si consumavano zucche e zucchine cucinate in ogni maniera possibile.
Un tempo all'organizzazione della festa provvedevano tutti gli abitanti della contrada di Zurane e, in primo luogo, la Confraternita dei Disciplini.
All'interno della chiesa una pala d'altare mostra S.Bernardo nell'atto di compiere un esorcismo: nella mano destra tiene il bastone pastorale e nella sinistra regge una robusta catena all'altro capo della quale si divincola un ossesso o un indemoniato
Negli ultimi anni la festa di S.Bernardo aveva cessato di essere officiata con l'ardore di una volta e pareva che le sue tradizioni fossero in procinto di scomparire. Ma a partire dall'edizione 1996 il parroco e gli abitanti di Zurane hanno voluto recuperare le antiche usanze.É stata organizzata una processione alla quale hanno preso parte anche i Disciplini: adulti e bambini di solo sesso maschile vestiti con un lungo saio beige, una mantella con cappuccio rosso e sul petto un grande medaglione dorato; il corteo ha sfilato lungo le vie del paese fino alla chiesetta di S.Bernardo, portando nelle mani pezzi di zucca con al centro una candela accesa. Nei pressi della chiesa sono state di nuovo allestite le arcade e sono stati benedetti i carrettini che, in ottobre, serviranno per la gara dei caretì.

PROVAGLIO D'ISEO - PALAZZO FRANCESCONI





PALAZZO FRANCESCONI 
via Europa, 5



L'edificio che ospita il municipio di Provaglio di Iseo è collocato al margine meridionale del nucleo storico di Gresine, una frazione che costituiva l’antico comune di Provaglio. L’abitato è ancora oggi caratterizzato da alcune costanti come la regolarità delle vie e l’omogeneità dei criteri dell’occupazione del suolo che porta ad ipotizzare che l’intera area sia stata oggetto, in passato, di un intervento pianificato, una vera e propria lottizzazione. Dalla mappa catastale del 1850, redatta nel periodo della dominazione asburgica, risulta che il grande fabbricato, allora adibito a casa di villeggiatura, e tutti i terreni circostanti erano di proprietà della famiglia dei conti Fenaroli; in particolare si fa riferimento ai fratelli Bartolomeo (1796-1869), che fu podestà di Brescia, Conte dell'impero Austriaco e consigliere privato dell’Imperatore, ed Ippolito, (1798-1862) uomo di lettere e arti che partecipò attivamente alla vita culturale e amministrativa della città di Brescia e, dal 1860, senatore del Regno. La storia del palazzo è però molto più antica. Il palazzo del Municipio è infatti un complesso edilizio pluristratificato, sorto nella seconda metà del XV secolo sopra preesistenze del periodo basso medievale costituite principalmente dal muro di recinzione di un ampio brolo, non molto spesso e realizzato con mattoni a spina di pesce, e da una piccola e modesta costruzione rurale. 
L'edificio rinascimentale era costituito da due corpi di fabbrica con altezze diverse che presentavano verso sud un grande porticato sovrastato da logge. Il fronte principale era quello settentrionale. L’uso di caratteristiche edilizie pregiate, la grande qualità dei materiali impiegati e la presenza di decorazioni pittoriche ad affresco che riproducono scene di vita della casa, di cui si è trovata traccia in uno dei vani al primo piano, portano ad ipotizzare che si trattasse di una dimora di prestigio, presumibilmente adibita a casa di villeggiatura in campagna. Durante i secoli successivi il complesso subì alcune trasformazioni parziali per adattarlo alle nuove esigenze che vedevano prevalere le attività legate all’agricoltura e alla produzione rispetto alla funzione prettamente residenziale. Nel XVI secolo fu aggiunta una grande cantina semi-interrata per la conservazione del vino e nel corso del Seicento furono addossati alla costruzione principale alcuni corpi di fabbrica posizionati in modo da creare una corte rustica al centro. Nonostante nel tempo si fosse cercato di mantenere l’immagine unitaria del complesso, i diversi adattamenti avevano sempre più compromesso l'immagine dell'antica dimora signorile, tanto che nel XVII secolo si sentì la necessità di promuovere una radicale opera di ristrutturazione. Con questo intervento il complesso preesistente, adattato al nuovo gusto neoclassico, fu ripensato come un edificio unitario a “U” organizzato intorno ad un cortile interno. 
Il corpo centrale, che mantenne una destinazione a uso signorile, fu dotato al piano terra di un nuovo porticato con colonne in pietra di Sarnico e di una torretta, mentre gli interni furono decorati con pitture murali a tempera di carattere geometrico. Le due nuove barchesse erano destinate a deposito di granaglie e di prodotti e macchinari agricoli. Gli ambienti del secondo piano erano molto probabilmente adibiti alla coltivazione del baco da seta che si svolgeva allevando i bachi su dei tavolacci sospesi al soffitto. La ristrutturazione curò soprattutto gli aspetti di immagine e di rappresentanza trascurando però la bontà della costruzione (le tecniche e i materiali utilizzati erano di modesto pregio e fattura), cosa tipica dell’edilizia settecentesca. L’edificio divenne quindi il centro di una grande azienda agricola dove il proprietario vi risiedeva solo saltuariamente. Nel 1951 l’Amministrazione Comunale di Provaglio d’Iseo decise di acquistare il palazzo (delibera consigliare del 03/02/1951), all’epoca di proprietà della famiglia Francesconi, con l’intenzione di farlo diventare sede del Municipio. Dopo questa data l'edificio subì nuovi adattamenti finalizzati all’inserimento degli uffici comunali nonché di spazi residenziali e commerciali. Nel biennio 1992-1994, dopo un attento studio architettonico-archeologico, attuato secondo le più moderne tecniche della ricerca stratigrafica, che ha evidenziato le preesistenze e la complessità della sua storia secolare, il palazzo municipale è stato restaurato e riportato agli antichi splendori. La cancellata in ferro battuto che chiudeva il cortile è stata eliminata in modo da creare un’ampia e ariosa piazza dalla forma allungata che ha lo scopo non solo di creare continuità con lo spazio antistante l’edificio, in modo da inquadrarlo prospetticamente, ma anche di divenire luogo di ritrovo e scambio per la comunità di Provaglio. La facciata principale, rivolta a sud, è caratterizzata da un porticato di nove archi leggermente ribassati sorretti da colonne tuscaniche in pietra di Sarnico ai quali corrispondono altrettante finestre rettangolari; sul settore centrale insiste l’attico con timpano triangolare. All’interno, di notevole interesse sono gli ambienti di accoglienza con dipinti murali del Settecento e dell’Ottocento e la sala consigliare con prezioso soffitto ligneo a cassettoni. Non trascurabili sono inoltre le diverse tele qui conservate che costituiscono una vera e propria piccola pinacoteca. I quadri, per lo più a soggetto religioso come Madonne con Bambino e santi, vanno dal XVI al XVIII secolo. A questi si sono aggiunte tre sculture di Franca Ghitti (1932-2012), artista del ferro originaria di Erbanno (BS). Al secondo piano dell’edificio è situata la biblioteca civica “Beppe Fenoglio”. 

Bibliografia 
Fenaroli (voce), in A. Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. IV, La voce del Popolo, Brescia 1981, pp. 99-104. 
Fenaroli Gerolamo (voce), in A. Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. IV, La voce del Popolo, Brescia 1981, p. 106. 
Fenaroli Bartolomeo o Bortolo (voce), in A. Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. IV, La voce del Popolo, Brescia 1981, p. 105. 
Fenaroli Ippolito (voce), in A. Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. IV, La voce del Popolo, Brescia 1981, pp. 108-109.
Provaglio d’Iseo (voce), in A. Fappani, Enciclopedia bresciana, vol. XIV, La voce del Popolo, Brescia 1997, pp. 116-128. 
Il Palazzo ritrovato, a cura di Francesco Macario, Comune di Provaglio d’Iseo, Assessorato alla cultura, S.L. 1999.
G. S. Pedersoli, M. Ricardi, Guida dei paesi in riva al lago d’Iseo, Toroselle, Pian Camuno (Bs) 2000, p. 328.

Valentina Cristini 


PROVAGLIO D'ISEO - PALAZZO BIANCHI

PALAZZO BIANCHI


Questo edificio è un tipico esempio di come le vicende della costruzione siano strettamente legate alla storia delle famiglie che di volta in volta lo possedettero e lo abitarono. Il palazzo Albrici - Fedrici, ora Bianchi, ha una lunga storia, che però non è ancora stata studiata attraverso documenti d’archivio e non è stata ancora indagata dal punto di vista archeologico. Gli Albrici sono originari della Val Camonica, una potente famiglia con traffici di ferro e commerci vari che già nel Cinquecento allargò i propri interessi verso la Franciacorta. Un ramo familiare aveva proprietà a Iseo, a Timoline e Nigoline (oggi Cortefranca) e a Povaglio, con casa in contrada Fontane o Zurane. Nel Seicento si imparentarono con i Federici, anche loro originari della Val Camonica ed anche loro con proprietà in Franciacorta, soprattutto a Provezze.

Solo dal 1800 questi Albrici - Federici scelsero come loro residenza stabile ed ufficiale il palazzo in contrada Zurane, pur mantenendo stretti rapporti con le località di origine della famiglia, Castel Garzone e Breno. Fino ai primi del Novecento il palazzo e le proprietà annesse restarono in mano ai Federici. Tra di loro si distinse Luigi, nato a Garzone nel 1780; fu valente e operoso medico a Provaglio dal 1846 per molti decenni; morì nel 1870 compianto da tutto il popolo. Con l’ultima generazione si verificò un improvviso e drammatico cambio di proprietà. Uno dei Federici, in una notte a dir poco memorabile, perse al gioco al Casinò di Venezia tutti i beni (che erano rimasti indivisi con i fratelli): palazzo e terreni vennero confiscati per pagare gli ingentissimi debiti di gioco contratti in quella notte fatale. Nel 1918 il palazzo fu comprato dai Pezzola, commercianti in formaggio, di Rovato. Per tutta la prima metà del secolo ventesimo fu la loro residenza. Morti il marito e il figlio, vi restò ad abitare e amministrare saggiamente il patrimonio la signora Pezzola, donna capace, avveduta, rispettata, presidente dell’Asilo Infantile. Alla fine della II Guerra Mondiale ci fu per il palazzo, che tutti a Provaglio ormai chiamavano palazzo Pezzola, un altro brusco cambiamento. Nel 1945 a Provaglio, come altrove in Italia, ci furono momenti di grande tensione e incertezza per i disordini che si verificavano all’ interno di una "quasi guerra civile". A Provaglio si temevano azioni di guerriglia e di rappresaglia da parte di bande che erano comandate dal famigerato capo “Firmo”. Alla signora Pezzola, anziana e timorosa per il proprio futuro, fu consigliato di vendere tutto. Nel 1946 ci fu la goccia che fece traboccare il vaso: quell’anno il vino prodotto dai suoi vigneti fu di cattiva qualità, quasi aceto, e così la signora decise in fretta e furia di vendere palazzo e terreni per soli 6 milioni di lire e di ritirarsi a vivere a Brescia, dove morì due anni dopo. I nuovi proprietari furono i Tosoni di Casalbutano nel Cremonese. Si disinteressarono dell’edificio e affidarono a mezzadri la coltivazione dei terreni. Erano ricchi, ma non si curavano degli aspetti storici ed artistici del Palazzo, indifferenti alle sollecitazione dei custodi che denunciavano il progressivo degrado delle strutture, bisognose di manutenzione. Si arriva così all’attuale proprietario Umberto Bianchi, che acquistò il palazzo intorno agli anni '90 del Novecento, ridotto ormai in condizioni veramente deplorevoli. Egli profuse passione e impegno per dargli signorile ed elegante dignità architettonica. Ora lo vedete bello e ricco, imponente e curato, come forse non lo è mai stato.
Descrizione
Attraverso una lunga e scenografica scalinata settecentesca, si raggiunge il palazzo, massiccia e imponente mole posta in una vasta area a giardino. Da qui si gode un bel panorama; è un buon punto di osservazione, che potrebbe convalidare l’ipotesi di un’originaria struttura altomedievale, come indurrebbero a pensare le murature delle cantine e come potrebbe essere convalidato da scavi di studio in loco. Il pianterreno è costituito da diverse sale, che si affacciano su un ampio porticato a cinque arcate, scandite da colonne in pietra di Sarnico. Al primo piano la galleria conserva decorazioni a fresco, a riquadri di varia colorazione, che potrebbero risalire alle strutture murarie del XV secolo. Invece gli affreschi delle sale sono più recenti e riprendono la grande tradizione dei quadraturisti e affrescatori bresciani del Settecento: Sala della Primavera con trionfo della primavera al centro e vedute di località del lago d’Iseo nei riquadri fra le mensole e Sala del Giorno che scaccia la Notte. Sul caminetto affresco con lo stemma degli Albrici e Federici: leone rampante.

Bibliografia 
Giovanni Donni, Provaglio e i Provagliesi, Litografia la Cartotecnica, Provaglio di Iseo, 1998.
Maria Luisa Lazzari

PROVAGLIO D'ISEO - CHIESA DELLA MADONNA DEL CORNO

foto Alessandro Bazzana
CHIESA DELLA MADONNA DEL CORNO 

Via Piano delle Viti, 2

La chiesa della Madonna del Corno è collocata sopra una parete rocciosa a strapiombo, il “corno” appunto, che domina l’intero abitato di Provaglio di Iseo. Una leggenda narra che la chiesa avesse dovuto sorgere a poca distanza dal luogo in cui si trova ora, in un’area pianeggiante. Eventi arcani avrebbero però impedito la costruzione della chiesa costringendo i Provagliesi a spostare l’edificio presso l’attuale collocazione. Resti murari di una costruzione andata completamente perduta e alcune fonti storiche testimoniano la reale presenza di un’altra antica chiesa a circa 300 metri di distanza dalla Madonna del Corno titolata alla Madonna di Loreto e in seguito abbandonata. Alcuni documenti e inscrizioni aiutano a ricostruire la vera storia di questo luogo.
Da un documento del 1496, infatti, risulta che il rettore della chiesa di San Bernardo prese possesso anche di una cappella sul monte, denominata Madonna della Ceriola. L’anno 1509 è invece inciso sull'arco della porta d'ingresso della chiesa. L'inventario degli arredi, redatto nel 1515, testimonia che l’edificio, ora chiamato Ecclesia Sanctae Mariae supra Corna, è pronto per entrare in funzione. Da questi documenti si può quindi dedurre che l'edificio, nella struttura in cui lo vediamo oggi, prese forma nel giro di vent'anni, dal 1496 al 1515, quale completamento, ampliamento o risistemazione di una cappella preesistente, sulla cui origine, invece, non si sa nulla. La collocazione decentrata rispetto al paese di Provaglio rivela la reale funzione di questa chiesa. Mentre le chiesette di quel periodo sorgevano su spinta di una singola contrada come proprio punto di riferimento religioso o per volontà di un qualche nobile proprietario terriero residente in loco, la Madonna del Corno, lontana da nuclei abitati e da tenute coltivabili, dovette, infatti, necessariamente sorgere per funzioni diverse. La documentazione delle numerose offerte in denaro, cera, olio, frumento e vino, dei comuni limitrofi alla chiesa in costruzione, induce a pensare che essa nacque da un vero e proprio slancio popolare collettivo per un qualche significato straordinario. La chiesa della Madonna del Corno sarebbe stata infatti eretta a seguito dell’apparizione della Vergine stessa che chiedeva quel santuario in suo onore. Quasi a ufficializzarne la sacralità, papa Innocenzo XI, nel 1682, e papa Pio VI, nel 1786, concessero l'indulgenza plenaria “a tutti i fedeli di entrambi i sessi che, pentiti, confessati e comunicati, visiteranno nella seconda festa della Pentecoste, dai primi vespri al tramonto del sole, la chiesa dedicata a S. Maria del Corno e qui avranno pregato per la concordia dei principi, per l'estirpazione delle eresie e per l'esaltazione della Chiesa". Un’altra testimonianza del 1717 ricorda che “un'immagine della Beata Vergine, dipinta sulla parete, è famosa per parecchi miracoli e grazie". È proprio per il potere miracoloso attribuitogli che la Madonna del Corno è stato un luogo di pellegrinaggio quando questo significava, in virtù della sua faticosa lontananza, l'abbandono temporaneo da parte del fedele dello spazio e della vita di tutti i giorni. Un’altra importante funzione svolta dalla Madonna del Corno è stata quella di regolare il tempo dei Provagliesi con le sue due campane e di proiettarli verso la modernità rispetto ad un’epoca in cui il tempo era normalmente scandito solamente dalle fasi del sole e delle stagioni. Si può ancora ammirare l'ingegnoso marchingegno cui le campane furono collegate nel primo Novecento e che andava caricato tutti i giorni. Altri sistemi di misurazione del tempo e la centralizzazione della vita religiosa presso la Parrocchiale del paese hanno progressivamente marginalizzato il santuario, mai però del tutto dimenticato dai Provagliesi tanto che da circa trent’anni, grazie alle cure della sezione locale del CAI, è ridiventato un frequentato polo di attrazione e la chiesa e i suoi arredi sono oggetto, anche per intervento dell'Ente Pubblico, di attenti e continui restauri.

Dal punto di vista architettonico la chiesa di Santa Maria del Corno presenta i caratteri tipici delle chiese locali erette nel XVI secolo: aula unica, coperta da un soffitto a due falde con travi lignee e tavelle in cotto; presbiterio con volta in muratura; facciata con profilo a capanna e con finestra tonda al centro. Tuttavia, l'arcata a sesto acuto, è tipica del Quattrocento e rivela, perciò, al pari dei documenti scritti, una preesistenza. Altri elementi architettonici, invece, sono più tardi e testimoniano successive sistemazioni sia per manutenzione ordinaria, sia mirate a rendere più prestigioso l'edificio, in seguito alla fama miracolosa da esso acquisita. Il caratteristico portico anteriore, ad esempio, è stato, con tutta evidenza, aggiunto in seguito, appoggiato a una facciata che era già compiuta, intonacata e affrescata. L'aggiunta fu eseguita forse nel tardo Cinquecento o, più probabilmente, nel Settecento, quando intervenne una significativa ristrutturazione che, oltre al sagrato, interessò l'abside, trasformata da semicircolare a rettangolare, affinché fosse più ampia e potesse accogliere un monumentale altare in marmo. Anche l’affresco collocato nel presbiterio e raffigurante Gesù bambino che aiuta Giuseppe nella bottega da falegname è databile al Settecento; così come settecentesca è anche la singolare decorazione a broccato della navata, realizzata con stampi traforati. Mai coperto dalle successive intonacature, in quanto era il pezzo più prezioso e addirittura miracoloso, appare ancora oggi integro l'affresco della Madonna in trono col Bambino, datato 1511. Anche l'esterno della chiesa presenta elementi ornamentali, come il torciglione in cotto che fa da contorno al portale in pietra di Sarnico, mentre degli affreschi non è rimasto altro che qualche lacerto. L’anno 1866, riportato in controfacciata, documenta l'ultimo intervento relativo alla dipintura delle pareti interne a "tappezzeria". Risale allo stesso intervento anche la copertura delle tavelle in cotto del tetto coperte da una colorazione grigiastra, rimossa durante l’ultimo restauro eseguito nel 2017 e che ha riportato questi elementi decorativi agli antichi splendori. Le tele originali della Chiesa, trasferite altrove per motivi di sicurezza, sono sostituite da copie offerte dal CAI locale, col fine di conservare e trasmettere un'idea fedele della decorazione interna. Tra tutte le opere, si distingue per imponenza, complessità e importanza il martirio di Sant'Erasmo, appeso con le sue stesse budella alla carrucola di un pozzo, opera di elevato livello qualitativo, attribuibile su basi stilistiche a Pietro Avogadro (1663-1737), famoso pittore bresciano, autore di numerosi dipinti conservati nelle più importanti chiese cittadine. 
Bibliografia 
AA.VV, La mappa del tesoro. Materiali per un museo del territorio, Associazione culturale San Pietro in Lamosa, Provaglio di Iseo. 
Laura Ruberti

PROVAGLIO D'ISEO - VILLA FLORIS

VILLA FLORIS

Loc. Sergnana-Via Fiume

La villa sorge a Sergnana, uno dei nuclei storici meglio conservati e ristrutturati del comune di Provaglio d’Iseo. Tale contrada, pur essendo di origini antiche e, forse, romane, prende vita come borgo solo nel corso del Cinquecento, proprio intorno alla villa e alla chiesetta dedicata a San Rocco, il Santo più invocato, dal Medioevo in poi, come protettore dal terribile flagello della peste. Ecco perché la piccola chiesa fu iniziata proprio nel 1576 (anno della peste di san Carlo) e completata intorno al 1630, anno della terribile pestilenza descritta anche nel celebre romanzo I promessi sposi. Le forme architettoniche della villa risultano ben inserite nel contesto urbano circostante e armoniosamente disposte benché la configurazione attuale della stessa risenta di numerosi interventi edilizi susseguitesi nel tempo e dovuti sia al cambio di destinazione da agricolo a residenziale, sia ai vari passaggi di proprietà. All’inizio, e indicativamente ci riferiamo al Trecento, venne edificata per scopi militari solamente la torre, che ancora oggi risulta visibile nelle sue forme pressoché originarie, e che svolgeva una funzione puramente difensiva a salvaguardia della linea di confine con i fondi di proprietà della famiglia Oldofredi. Fortunatamente salvaguardata dall’abbattimento di numerose strutture di difesa del territorio franciacortino, che nel Quattrocento avevano perso il proprio valore strategico e militare, ben si accosta alle strutture adiacenti del complesso edilizio che furono aggiunte nei secoli successivi. La torre venne sì a perdere il suo principale scopo militare dopo il Quattrocento, ma essendo stata parzialmente modificata nel corso del Cinquecento per poter essere abitata, si è conservata nel tempo mantenendo anche alcuni elementi della sua originaria finalità difensiva. 
Permangono, infatti, oltre alla possente struttura, altre tracce del suo originario scopo. Si vedano a tal proposito non solo le strette aperture della facciata ad ovest, cosiddette feritoie, necessarie per colpire il nemico e difendersi in caso di attacco, ma anche la bertesca, una struttura sporgente inserita in facciata e dotata di caditoie dalle quali scaricare materiali offensivi per il nemico. Anche la scala a chiocciola di accesso ai due piani dell’edificio, poco illuminata e molto stretta, ostacolava l’accesso indesiderato del nemico, risultando un ottimo sistema di difesa.


Alla fine del Quattrocento venne aggiunto alla torre il corpo di fabbrica che attualmente costituisce il nucleo centrale della villa: si tratta di un tipico fabbricato rurale, facilmente riscontrabile nelle cascine storiche della zona collinare di Brescia, caratterizzato da una doppia fila di arcate che si sviluppano nel portico a piano terra e nella loggia al piano primo. Sia il portico che la loggia erano necessari per difendere gli ambienti domestici dalle intemperie e per essiccare i prodotti agricoli. Al piano terra si trovava la cucina, il ripostiglio e la dispensa, mentre al primo piano la zona notte, il fienile e la legnaia. Fu, però, la ricca famiglia bresciana degli Averoldi che, dopo aver acquistato nei primi anni del Cinquecento il fondo sul quale sorgevano la torre e il fabbricato rurale, trasformò ad uso residenziale il complesso. Le tracce di questi interventi edilizi si possono ancora oggi notare sia nella torre che nel corpo centrale. Per quanto concerne la torre, infatti, gli Averoldi inserirono al primo piano un’elegantissima volta ad ombrello ed un camino sul quale fecero incidere lo stemma della famiglia ancora oggi visibile, mentre al secondo piano affrescarono le pareti con motivi vegetali e inserirono un secondo camino (di entrambe queste trasformazioni oggi rimangono, purtroppo, solo alcuni lacerti). Per quanto riguarda il fabbricato rurale, la nobile famiglia arricchì le stanze con camini dagli eleganti sedili in pietra modanati e con affreschi raffiguranti angeli, putti, mascheroni, racemi vegetali ed elementi zoomorfi, mentre decise di lasciare pressoché inalterata la sobria e semplice facciata mantenendone un aspetto semplice e di stampo rurale. Nel corso del Cinquecento il complesso cambiò nuovamente proprietà: nel 1540, infatti, l’intero fondo passò alla famiglia Caprioli in occasione del matrimonio fra Lorenzo Caprioli e Nostra Averoldi, sorella di Giovanni Averoldi. Per tutto il Seicento la villa rimase di proprietà della nobile famiglia Caprioli. All’inizio del secolo, a causa di un ingente tracollo economico della stessa, non fu possibile dare seguito a ristrutturazioni o modifiche del complesso edilizio, mentre alla metà del secolo, grazie ad un miglioramento delle condizioni economiche della famiglia, venne aggiunto il locale ad est del complesso (cosiddetto “caminata” per la presenza di un camino al suo interno) e modificate le forme della doppia fila di arcate in facciata che assunsero la linea curva che ancora oggi possiamo vedere. La data della modifica della forma delle arcate può essere con buona approssimazione riferibile ad una data posteriore al 1631: nella pala d’altare della vicina Chiesa di san Rocco, infatti, ed in particolare nello sfondo della scena principale che raffigura la Madonna con il Bambino e San Michele Arcangelo apparsi ad alcuni Santi, è raffigurata ed è ben riconoscibile la villa di Sergnana, con la torre e il parco circostante. La pala è attribuita al pittore bresciano Ottavio Amigoni ed è datata 1631. Nell’angolo in basso a destra del dipinto, infatti, vi è un’iscrizione che recita: OT.AM.FA.MDCXXXI. Le sigle iniziali e cioè OT.MA vanno intese come le iniziali dell’autore (ipotizzato dalla critica per confronto stilistico in Ottavio Amigoni), mentre FA è l’abbreviazione di FACIT (cioè “esegue”) e la cifra romana MDCXXXI indica la data di esecuzione (1631). Tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento la villa passò in proprietà ad un’altra nobile famiglia, i Soncini, già proprietari di beni in località Provezze, frazione di Provaglio d’Iseo. Essi diedero seguito a modifiche e migliorie del fabbricato facendo anche aggiungere una barchessa ad occidente: l’inserimento di questo elemento conferma significativamente che la villa ebbe in quel periodo una funzione prevalentemente rurale, essendo la barchessa un edificio di servizio tipico dell'architettura agricola e destinato a contenere gli ambienti di lavoro e a dividere lo spazio del corpo centrale della villa, riservato ai proprietari, da quello dei contadini. Successivamente la villa divenne di proprietà dei Nava, poi dei Franceschetti ed oggi della famiglia Floris. 

Bibliografia 
AA.VV, La mappa del tesoro. Materiali per un museo del territorio, Associazione culturale San Pietro in Lamosa, Provaglio d’Iseo, 2004. 
F. Lechi, Le dimore bresciane, volume IV, Edizioni di Storia Bresciana, 1975. 
F. Ferrari e G. Riina, Progetto di conservazione della torre dell’antica rocca di Sergnana, tesi di laurea, A/A 1997-1998.
Laura Metelli

PROVAGLIO D'ISEO - VILLA SAN GIUSEPPE, GIÀ FERRANTE FENAROLI


via nob. O. Fenaroli 1 
Provaglio d'Iseo-Fantecolo BS

 La Villa Ferrante Fenaroli, oggi denominata Villa San Giuseppe, fu fatta erigere agli inizi del 1900 accanto a vecchi edifici uniformandone lo stile. Nel 1951 per volere della famiglia Fenaroli, la villa venne lasciata in eredità alle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. La villa, in stupenda posizione panoramica, sulla costa delle ultime propaggini della morena di Fantecolo, si affaccia sulla pianura che spazia per largo tratto fino alla città di Brescia. È circondata da un secolare giardino tra cui si notano rare essenze arboree.
È un’imponente villa di gusto rinascimentale con architettura caratterizzata da un’interessante articolazione di volumi smussati, da terrazze, balaustre, timpani e da decorazioni di gusto eclettico come le fasce orizzontali a graffito disposte sulle pareti della dimora. Il recente restauro di tipo conservativo ha permesso il consolidamento e la sigillatura degli intonaci e delle decorazioni. L’esame dei quattro prospetti evidenzia che la villa è frutto di un progetto unitario, senza ripensamenti formali; alcune modifiche più tarde hanno interessato esclusivamente la copertura mantenendo ai prospetti una generale armonia, presente anche nei corpi funzionali in aggetto. La villa si compone di due piani formalmente simili, di un’altana e di un seminterrato, più semplici e privi di decorazione in rilievo. I prospetti sono uniformemente rivestiti da corsi regolari in finto bugnato, ripartiti da marcapiani modanati e interrotti da grandi aperture chiuse in basso da balconcini con parapetti a balaustri ciechi. Solo nella zoccolatura a piano terra i corsi del bugnato hanno dimensioni leggermente maggiori e nella parte prominente del prospetto est sulla grande terrazza, a contorno delle aperture centrali, è presente del finto bugnato con finitura “rustica”. I contorni delle aperture sono più ricchi e articolati al piano superiore, con archi a tutto sesto protetti da timpani in forte aggetto.
La cornice di gronda ed i piani dei finti balconi sono sorretti da eleganti mensole, ornate da volute e foglie d’acanto. L’apparato ornamentale mantiene la stessa ricchezza e qualità esecutiva in entrambe i registri delle quattro facciate. Dal punto di vista della tecnica realizzativa, tutti gli elementi ornamentali sono in cemento decorativo o “pietra artificiale”, tecnica molto diffusa tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del secolo successivo. Gli elementi ornamentali sono ottenuti a stampo con impasti di polvere di marmo e cementi bianchi e grigi, da calchi di prototipi modulari e ripetitivi: lo strato superficiale è composto dagli impasti imitativi della pietra. 
L’interno è stato adattato alle esigenze della nuova destinazione, ma conserva sostanzialmente l’aspetto originario, negli ampi volumi e nella disposizione degli ambienti, nei pavimenti e nei soffitti decorati con piacevoli affreschi della prima metà del Novecento, nell’armonioso scalone che sale al primo piano.
Fa parte del complesso anche una serie di edifici antecedenti alla villa, che in origine erano a destinazione rustica, in quanto abitazioni di contadini e locali adibiti a stalla o fienile o deposito di attrezzi. Sono stati schermati dietro un muro, così da separarli dalla villa e da costituire con il loro aspetto seicentesco uno sfondo imponente e suggestivo. 
Maria Luisa Lazzari

sabato 10 marzo 2018

VILLONGO - Palazzo Passi



  Palazzo Passi a Villongo (via Roma).


Palazzo Passi nasce come dimora gentilizia nel XVII sec. a Villongo, comune collinare nelle vicinanze del lago d'Iseo. L'edificio, oggi di proprietà della Parrocchia di Villongo, è stato oggetto di numerose tarsformazioni e passaggi di proprietà, tra cui la stessa Curia di Bergamo che lo destinò a residenza estiva del vescovo Adriano Bernareggi dal 1943.
Nel 2010, sotto tutela della Parrocchia, sono iniziativa importanti lavori di di restauro delle'edificio, che hanno portato alla luce il magnificio scalone di accesso al primo piano, con pareti interamente affrescate per quasi 200 mq risalenti alla metà del XVII sec. Oggi Palazzo Passi ospita i sacerdoti della Parrocchia di San Filastro e offre spazi destinati alle attività culturali del territorio.

venerdì 9 marzo 2018

TAVERNOLA BERGAMASCA 25 marzo 2018 Presentazione della Mostra itinerante "Il Vangelo secondo Giotto. La Cappella degli Scrovegni"


L'appuntamento è per il 25 Marzo presso l'oratorio di Tavernola Bergamasca per la presentazione della Mostra itinerante "Il Vangelo secondo Giotto. La Cappella degli Scrovegni" , che sarà allestita dall'11 Ottobre al 3 Novembre 2018. 
Per assistere alla presentazione è necessario prenotarsi scrivendo all'indirizzo e-mail giottoatavernola@gmail.com



«Filippetti è un profondo conoscitore e studioso dell’iconologia, un divertito fruitore di tutti i giochi di luce e di senso che Giotto dissemina … e un uomo di fede, che legge il ciclo pittorico come un grande testo sacro» (Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera).

Roberto Filippetti è nato a Fano nel 1953 e dal 1977 vive a Camponogara (Venezia). Ha insegnato Lettere nelle scuole superiori e Iconologia e iconografia cristiana presso l’Università europea di Roma.

Da anni percorre l’Italia per introdurre bambini, giovani e adulti all’incontro con la grande arte, letteraria e pittorica, e risvegliare il desiderio della Bellezza. Da tale opera divulgativa sono nati i suoi libri, editi da Itaca, attraverso i quali ha raccontato la grande pittura: L’Avvenimento secondo Giotto (20014; edizioni in inglese, francese, tedesco e spagnolo), Il Vangelo secondo Giotto (20026), Caravaggio. L’urlo e la luce (20052; 2011 nuova edizione rivista e aggiornata), S. Francesco secondo Giotto (2006, fuori catalogo), Van Gogh. Un grande fuoco nel cuore (2008), Pietro, mi ami tu? Lo sguardo di Gesù secondo Giotto (2009), Francesco secondo Giotto(2013), Anche i cammelli fanno ooh! (2016), la nuova guida illustrata Giotto. La Cappella degli Scrovegni (2018).

Non meno significativi i suoi lavori dedicati alla poesia e alla narrativa: Il per-corso e i per-corsi. Schede di revisione di letteratura italiana ed europea (20002) in tre volumi, Leopardi e Manzoni. Il viaggio verso l’infinito(2008), Educare con le fiabe. Andersen, Collodi, Saint-Exupéry, Lewis (20082), L’io spezzato e la domanda di assoluto. Percorso di letteratura italiana ed europea (2012) in due volumi (vol. I L’Ottocento – vol. II Il Novecento).

Ha curato per Itaca Eventi quattro mostre itineranti: «Il Vangelo secondo Giotto. La cappella degli Scrovegni», «San Francesco secondo Giotto. La vita del Santo attraverso gli affreschi della Basilica Superiore di Assisi», «Caravaggio. L’urlo e la luce» e «Van Gogh. Un grande fuoco nel cuore» (www.itacaeventi.it).

venerdì 2 marzo 2018

PISOGNE il Parco Comunale di Villa Damioli

Parco comunale storico della Villa Damioli (XVI sec)
Si trova alle spalle della Parrocchiale
Un posto magico e silenzioso, molto romantico, ben curato, tantissimi alberi secolari e viali fioriti. Percorso botanico naturalistico. Punto di ristoro, una rastrelliera per lasciare le biciclette, area riservata ai cani e area giochi per i bambini, vialetti fioriti, piante centenarie e panchine dove rilassarsi. Spesso animato da musica.
Un piccolo paradiso... Consiglio di visitare in primavera, periodo di massima fioritura degli archi di roseti  di diverse varietà.
Il Parco Comunale, il cui ingresso principale è posto su Via Pieve n.8, faceva parte della proprietà Damioli. Ha un’estensione di 16.000 mq ed è ricco di alberi centenari tra cui molte conifere, alcune delle quali molto rare. Le essenze arboree sono 180 di cui 90 sempreverdi e 90 decidue. Al centro del parco si erge un maestoso cedro Deodora, il cui tronco ha un diametro di m 3,10; altri cedri presenti sono: il cedro dell’Himalaya, il cedro del Libano, il cedro dei Monti dell’Atlante, il cedro Deodora Glauco. Numerosi sono anche i cipressie le essenze bulbose giapponesi. L’albero più raro è una grande Sequoia Gigantea Americana.

Orari apertura Parco Villa Damioli - Pisogne
DALLA DOMENICA AL VENERDI 
DALLE ORE 08:45 ALLE ORE 18:00 
SABATO DALLE ORE 08:45 ALLE ORE 18:50

OME 17 marzo 2018 riapre il Borgo del Maglio e Casa Museo Pietro Malossi



Da Sabato 17 Marzo alle ore 10 aprirà ufficialmente la stagione 2018 del Borgo del Maglio, con la possibilità di visitare sia il Museo il Maglio Averoldi che la Casa Museo Pietro Malossi e le tante mostre e iniziative che coinvolgeranno le due realtà museali e il Parco del Maglio.

ORARI:
Marzo, ottobre, novembre: sabato 10.00-12.00; domenica e festivi 15.00-17.00
Aprile-settembre: sabato, domenica e festivi: 10.00-12.00, 15.00-18.00
PER INFORMAZIONI:
Casa Museo Pietro Malossi
Borgo del Maglio di Ome
Via Maglio, 51 - 25050 Ome (BS)

Per rimanere aggiornati sui prossimi eventi al Borgo del Maglio:


giovedì 1 marzo 2018

SARNICO il Museo Civico d'Arte e Territorio "Gianni Bellini" riapre sabato 3 marzo 2018


#Sarnico il Museo Civico d'Arte e Territorio "Gianni Bellini" riapre sabato 3 marzo 2018. Aperto nel 2002, il Museo Civico d’Arte e del Territorio è collocato nel Palazzo Gervasoni, uno stabile del XV secolo sito nel punto più alto del centro storico di Sarnico. Un tempo convento di suore, l’edificio mostra ancora segni dell’antica destinazione, con il chiostro e il ballatoio. Suddivisa su tre piani, la pinacoteca è frutto di una donazione di don Gianni Bellini: circa 150 opere per la maggior parte dipinti d’epoca compresa tra il XVI e il XVIII secolo. In particolare sono conservate 128 tra tele e tavole tra le quali spiccano opere di Palma il Giovane, Alessandro Magnasco, Antonio Cifrondi, Carlo Ceresa, Nicolas Regnier, Francesco Cairo.
Oltre ai dipinti fanno parte della donazione pregiati mobili d’epoca, alcune importanti statue marmoree e lignee e quattro crocifissi “processionali”, uno in legno e tre in rame argentato.
APERTO:
SABATO 14.30-18.30
DOMENICA : 10.00-12.00| 14.30-18.30
assculturaleilponte@gmail.com
https://www.facebook.com/museogiannibellinisarnico/