Foto Andrea Paganotti |
Provaglio d'Iseo- via Regina Elena
L’analisi stratigrafica della muratura della Chiesa condotta nel 1995 ha individuato la presenza di resti murari risalenti al tardo medioevo, probabilmente intorno al XIV secolo. Questi resti sembrano delineare un perimetro quadrangolare corrispondente alla parte antistante l’abside della chiesa attuale. La base quadrangolare e il discreto spessore murario portano quindi ad ipotizzare che in quell’epoca esistesse già una struttura sviluppata in altezza, cioè un torrione, presumibilmente con compiti di difesa o di avvistamento, che faceva parte di un complesso sistema di controllo dell’importantissima arteria Brescia-Iseo. Negli ultimi decenni del XV secolo, con le mutate condizioni politiche e vista l’accresciuta importanza del nucleo abitativo, si decise di smantellare il sistema fortificato e di riutilizzare il materiale e le murature per edificare una chiesa dedicata a San Bernardo. Lo scopo principale era, probabilmente, quello di agevolare la partecipazione degli abitanti di quella contrada alle funzioni religiose dal momento che la chiesa parrocchiale era allora soltanto il lontano monastero di San Pietro in Lamosa. Il nuovo edificio presentava la struttura tipica dei complessi religiosi locali del XV secolo: navata scandita da arconi trasversali ad ogiva impostati su piedritti, soffitti con travi lignee e tavelle in cotto, facciata con profilo a capanna e finestra tonda centrale, abside circolare. Dai documenti risultano già officiate delle messe a partire dal 1496. Durante il XVI secolo si procede con la decorazione e l’arredamento della Chiesa. Gli affreschi che affiorano tra la controfacciata e i primi due arconi sul lato settentrionale risalgono a questo periodo. Particolarmente interessante il polittico databile 1597 con l’Annunciazione, San Benesius, San Fermo, San Rous e le storie del Beato Simonino da Trento nel registro inferiore. Se San Rocco, S. Fermo e il beato Simonino da Trento sono culti diffusi nella zona, inedito appare invece San Benesio di cui non vi è traccia in nessun martirologio. Potrebbe dunque essere un errore di scrittura e riferirsi a San Benio, San Bennagio o San Benedetto oppure trattarsi di un personaggio che godeva di un certo culto locale ma non ancora canonizzato e di cui se ne perse poi traccia. Il verbale della visita alla chiesetta di San Carlo Bartolomeo nel 1580 testimonia la presenza di ben sei altari laterali, a dimostrazione di quanto la chiesetta fosse partecipata da parte della comunità. Nel corso del XVII secolo la Chiesa subì profonde trasformazioni, sia per il mutato gusto architettonico, sia per la pressante richiesta dei vescovi locali di adattare l’edificio alle norme sancite dal concilio di Trento. La facciata venne modificata sostituendo la finestra circolare con un’apertura rettangolare e realizzando un nuovo portale in pietra di Sarnico recante la data 1611. Per esigenze di culto fu sostituita l’abside circolare con una quadrata più spaziosa e adatta ad accogliere un nuovo grande altare in stile barocco. Risale a quest’epoca anche il piccolo campanile, la tamponatura delle finestre originali e l’eliminazione dei sei altari laterali. È dunque la fase edilizia secentesca quella che più di ogni altra ha consolidato l’immagine attuale della Chiesa. Anche le tele dipinte, il pulpito, la cantoria, le cassapanche ed il mobilio in generale risalgono alla seconda metà del XVII secolo o ai primi anni del XVIII secolo. Tra il 1810 e il 1850 la chiesa di San Bernardo subì una nuova fase di ristrutturazione: venne costruita la sagrestia, fu sistemato il tetto e realizzata una pavimentazione in cotto lombardo. I lavori di mantenimento si protrassero anche nel Novecento quando venne abbassato il piano stradale che portò alla necessaria realizzazione di gradini in cemento davanti alla porta d’ingresso. La chiesa è testimonianza di alcuni fatti curiosi. Il primo si riferisce ad un altare esterno alla chiesa dedicato a San Fermo. Nella festività del Santo era consuetudine condurre gli animali attorno alla chiesa per farli benedire, ma questo andava contro i dettami del Concilio di Treno secondo i quali ogni celebrazione avrebbe dovuto essere depurata da qualsiasi tradizione pagana. San Carlo Borromeo, durante la sua visita nel 1580, impose di rimuovere l’altare esterno e di trasferire il titolo all’altare maggiore. La gente, estremamente legata al piccolo altare esterno, cercò di mantenerlo ma dovette cedere quando nel 1616 fu proposta l’interdizione della Chiesa qualora l’altare non fosse stato smantellato. Altro fatto curioso e di rilevante importanza storica è il ciclo di affreschi dedicato al beato Simonino da Trento. Sul territorio di Provaglio di Iseo sono presenti ben otto affreschi a lui dedicati: quattro sono collocati presso il Monastero di San Pietro in Lamosa e quattro all’interno della Chiesa di San Bernardo. Simone Underdorben, noto come Simonino, era un bambino di due anni la cui famiglia, forse originaria di Lovere, paese sulla sponda bergamasca del Lago d’Iseo, trasferitasi a Trento, scomparve la sera del 23 marzo 1475, giovedì santo. Il suo corpicino fu ritrovato martoriato il giorno di Pasqua in un fosso vicino alla casa di una famiglia ebrea. Nonostante il Papa e l’Arciduca del Tirolo si opposero a questa ricostruzione, il Vescovo e il podestà di Trento incolparono dell’accaduto gli ebrei. Li accusarono di aver ucciso Simonino per un macabro rituale anticristiano: seviziare piccoli cristiani e berne sangue come blasfemia durante il giorno della Passione di Cristo. Quindici ebrei furono accusati di essere coinvolti direttamente nell’omicidio, torturati e mandati al rogo, mentre l’intera comunità ebraica di Trento fu espulsa dalla città. Solo nel corso del Novecento la comunità ebraica riuscì a dimostrare la propria estraneità ai fatti. In base alle nuove ipotesi, Simonino sarebbe accidentalmente caduto nel fosso, morto annegato e in seguito il suo corpo straziato dai morsi di qualche animale. O addirittura potrebbe essere stato ucciso da alcuni cristiani con la precisa intenzione di far ricadere la colpa sugli ebrei. Sebbene inquietante, questa eventualità ha fondamenti documentali così precisi d’aver consentito di risalire all’identità dei presunti assassini cristiani: Giovanni Schweitzer e Angelino Roper. All’epoca la verità non emerse e, nonostante il Papa minacciò di scomunicata i sostenitori di questa tesi, per secoli l’immagine del piccolo Simonino venne utilizzata in funzione antiebraica e nel 1588 si arrivò addirittura alla beatificazione a furor di popolo. Solo nel 1965 la chiesa fu capace di accogliere ufficialmente la ricostruzione degli storici e abrogò definitivamente la celebrazione di Simonino quale martire della violenza ebraica.
Bibliografia
AA.VV, La mappa del tesoro. Materiali per un museo del territorio, Associazione culturale San Pietro in Lamosa, Provaglio d’Iseo, 2004.
Laura Ruberti
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La chiesetta di S.Bernardo reca al suo interno anche alcuni interessanti affreschi che testimoniano del culto locale tributato a S.Simonino da Trento. Verso la fine del XV secolo la vicenda di Simonino ebbe un grande impatto nella realtà bresciana e costituì uno dei momenti più acuti della persecuzione antisemita. Nell'anno 1475 avvenne a Trento l'uccisione di un bambino, di nome Simonino, il cui corpo era stato martoriato da numerosi colpi di punteruolo. Dell'omicidio fu ingiustamente accusato un gruppo di ebrei, giudicati rei di omicidio a scopo rituale. Ne seguirono condanne al rogo degli israeliti, confische dei loro beni e messa al bando dell'intera comunità ebraica di Trento.Per la festa di S.Bernardo i contradaioli invitavano amici e parenti residenti anche in altre contrade a trascorrere assieme a loro la ricorrenza. A tavola veniva servita quasi sempre una gallina e, per tradizione, si consumavano zucche e zucchine cucinate in ogni maniera possibile.
Un tempo all'organizzazione della festa provvedevano tutti gli abitanti della contrada di Zurane e, in primo luogo, la Confraternita dei Disciplini.
All'interno della chiesa una pala d'altare mostra S.Bernardo nell'atto di compiere un esorcismo: nella mano destra tiene il bastone pastorale e nella sinistra regge una robusta catena all'altro capo della quale si divincola un ossesso o un indemoniato
Negli ultimi anni la festa di S.Bernardo aveva cessato di essere officiata con l'ardore di una volta e pareva che le sue tradizioni fossero in procinto di scomparire. Ma a partire dall'edizione 1996 il parroco e gli abitanti di Zurane hanno voluto recuperare le antiche usanze.É stata organizzata una processione alla quale hanno preso parte anche i Disciplini: adulti e bambini di solo sesso maschile vestiti con un lungo saio beige, una mantella con cappuccio rosso e sul petto un grande medaglione dorato; il corteo ha sfilato lungo le vie del paese fino alla chiesetta di S.Bernardo, portando nelle mani pezzi di zucca con al centro una candela accesa. Nei pressi della chiesa sono state di nuovo allestite le arcade e sono stati benedetti i carrettini che, in ottobre, serviranno per la gara dei caretì.