martedì 1 ottobre 2013

Brescia, una provincia da scoprire (ovvero eccellenze made in Brescia): IL GELATO DI STEFANO a Rezzato


Finalmente oggi, da tempo incuriosita dalla sua pagina Facebook dove leggevo di cose meravigliose, ho fatto visita all'amico Stefano Tedoldi. E la realtà ha superato l'aspettativa. Stefano è mosso da pura passione nella ricerca di prodotti naturali e di nicchia per realizzare un gelato artigianale veramente unico. Nel lavoro in laboratorio è affiancato dal figlio Federico, giovanissimo, appena uscito dalla scuola alberghiera e dal Cast Alimenti e con tanto entusismo nell'attività che ha appena intrapreso.
Stefano, gentilissimo, mi ha spiegato la sua filosofia e il suo intento di far conoscere un alimento sano e genuino. 
Quante gelaterie producono il loro gelato solo con latte e panna biologici certificati e senza basi precostruite ma solo con zucchero di canna bianco, destrosio, glucosio e farina di semi di carrube come addensante naturale? Da Stefano è così, per un buon gelato naturale come si faceva una volta...
Non potendoli  assaggiare tutti mi sono limitata a quello che Stefano definisce un nuovo esperimento liberalmente tratto da un dolce tipico della tradizione piemontese il "Bonét", ovvero: gelato al cioccolato con miscela di due cacao olandesi e massa di cacao 100% "Sambirano" di Domori e aggiunta di Rhum Giamaica, variegato con una Pochée di pesche fatta da lui e amarettini interi della Vicenzi.....squisito! Poi un'altra specialità: il gelato allo yogurt bianco Vipiteno fresco e cremoso. Ma con lo yogurt trovate anche una variante al miele millefiori. Beh, già che c'ero ho assaggiato il gusto alla cannella (che adoro!) e il gelato "Opera Italiana" realizzato con frutta secca proveniente dalle zone di produzione italiane per eccellenza come la nocciola di Giffoni, il pistacchio di Bronte, la mandorla siciliana e il torrone dal Veneto, dove il sapore dei singoli ingredienti mantiene un proprio carattere perfettamente distinguibile.
Ma fra le pazze creazioni  di Stefano, commissionate da un noto ristorante bresciano, ci sono anche il gelato allo Spiedo Bresciano, quello alla Polenta gialla e grano saraceno, al Bagoss di Tremosine, alla Camomilla in Fiori biologici, al Sedano bianco e Lavanda.
E poi tanto per incuriosirvi tanti gusti con prodotti chilometro zero: gelato al Fior di Capretta allevate a Serle, More di Gelso nero, Fragola con Fragoline di Bosco (boschi bresciani naturalmente!)
E poi ancora: basilico, violetta, petali di rose, menta glaciale, anice portoghese, Tè verde al gelsomino, mandarino e orchidea.
Insomma dei veri capolavori da scoprire ed assaggiare!
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(di  Carlos Mac Adden per Il Corriere della Sera ed. Brescia 14.8.13)

 Tentazioni estive La scritta «artigianale» non è una garanzia: qualche regola pratica per riconoscere coni e coppette di qualità

Il buon gelato si vede a occhio. E a orecchio

Diffidare dei colori troppo intensi e farsi raccontare il prodotto da chi lo serve

Quante insegne e pubblicità ruotano attorno al termine «Gelato artigianale». Peccato però che, da un punto di vista squisitamente normativo, quella scritta poco o nulla garantisca al consumatore. Basti sapere che, pescando nelle tante circolari ministeriali, quell'aggettivo «... non si traduce, di regola, anche in un aumento della qualità del prodotto finito...» ma derivi «...soprattutto dall'incidenza dell'apporto umano e personale nella produzione».
Come ci si può comportare, allora, nella giungla delle tante gelaterie presenti sul mercato? Quello del gelato pare essere uno dei pochi settori in crescita, fioriscono nuovi punti vendita, si organizzano catene in franchising, pochi giorni di corso, e un minimo di capitale, per diventare mastri gelatieri. Le tecnologie soccorrono i meno dotati, e praticamente chiunque, ben supportato, è in grado di offrire un gelato quanto meno gradevole e del tutto in regola con i requisiti igienico- sanitari previsti. Non è di questo che si vuole parlare, pur rispettando capacità imprenditoriale, necessità di nuovi sbocchi commerciali, risposta a una domanda ancora in espansione. Piuttosto riappropriarsi, senza turbare leggi e regolamenti, del termine artigianale per definire, di là da una dimensione familiare, una produzione limitata nelle quantità, votata alla qualità del prodotto e assolutamente non omologata.
Quasi parallelamente al momento di grazia di questo prodotto si è iniziato a parlarne su blog e giornali. Diverse organizzazioni di categoria hanno cercato di definirne le caratteristiche i parametri da rispettare: ciascuno a modo proprio, subito criticato o sconfessato dal successivo intervento.
Alcune regole paiono tuttavia salvarsi. Non sono sinonimi di un buon prodotto artigianale l'incapacità da parte dell'addetto, basta chiedere, di fornire qualcosa che vada oltre il gusto che vi sta servendo: chi fa con giusto orgoglio un buon gelato sarà altrettanto orgoglioso di spiegarvi perché ha quel sapore, quella consistenza, ed esporrà, o vi mostrerà, sereno, la lista degli ingredienti. Non ci saranno in contemporanea decine e decine di gusti - quantità e qualità... - quelli a base di frutta saranno per lo più stagionali, magari da frutta della zona o di zone vicine (e sapranno dire dove l'hanno acquistata), non appariranno colori shocking: il gelato alla menta è pressoché bianco, non verde e il pistacchio è di un verde/marroncino spento. Ogni gusto dovrebbe rimandare al frutto o ai componenti base utilizzati e avere una giusta persistenza in bocca, la percezione poi di un dolce che arrotonda e copre ogni cosa non è buon segno. Le consistenze, con la giusta differenza tra sorbetti (a base acqua e frutta) e gelati (a base latte e/o panna), non dovrebbero essere acquose, con un gelato che si scioglie troppo velocemente, ma neppure sfidare tempo e temperature, con una preparazione che pare incrollabile e troppo «grassa». L'artigiano che con passione ha dedicato tempo a frequentare corsi, a costruirsi solida esperienza, a scoprire e sperimentare usa frutta preferibilmente fresca, paste base (pistacchio, nocciola...) di grande livello, ottimi cioccolati o masse cacao, costosa vaniglia in baccelli, buon latte, panna, yogurt. Ogni giorno si confronta con il suo prodotto e cambia la ricetta in base al tipo di frutta, alla crema che vuole elaborare. Precisione, non standardizzazione.