Il Büs del Quai (buco della tana) è un vasto antro che si apre sul versante destro del monte Punta dell’Orto, vicino alla piccola frazione di Iseo denominata Covelo. La grotta è collegata attraverso percorsi sotterranei carsici al vasto bacino delle Piane di S. Martino e, in occasione di piogge persistenti, riversa a valle un notevole flusso d’acqua.
La cavità riveste una notevole importanza sotto il profilo storico-archeologico per aver restituito, soprattutto tra Otto e Novecento, reperti fittili e metallici, in parte attribuiti alla preistoria, in parte ad età gallica, altri all’epoca medievale, che mostrano una continuità insediativa straordinaria, da parte dell’uomo, attraverso le varie epoche.
I reperti più antichi (media età del bronzo, XV-XIV secolo a.C.), rinvenuti sotto grossi massi di crollo della volta, sono costituiti da frammenti in ceramica grezza di scodelle ed uno spillone a capocchia leggermente conica in bronzo, probabilmente connessi a riti di propiziazione delle acque.
In epoca romana alla base della parete rocciosa transitava sicuramente un acquedotto che provenendo dalla sorgente perenne del Covelo si portava verso Iseo presumibilmente nella zona della Pieve.
In prossimità della direzione di uscita dell’acqua dalla grotta, si rintracciano delle murature e dei fori di alloggiamento di travi in legno, forse di età medievale, che indicherebbero la presenza nel passato di attrezzature atte a sfruttare l’energia idraulica. Altri fori si localizzano soprattutto nella parte della cavità che si
apre in alto a sinistra rispetto all’ingresso che prefigurerebbero la presenza nell’ampia cavità di abitazioni pensili a graticcio in legno erette in epoca imprecisata per motivi di sicurezza o di difesa.
La grotta ha da sempre suscitato negli abitanti del luogo un senso di timore tanto che il padre cappuccino Fulgenzio Rinaldi nel 1685 invitava i contemporanei a non entrarvi. Sullo sperone di roccia (località Bosine) sovrastante la grotta, Giacomo Oldofredi fece erigere un castello che doveva sorvegliare la strada per la Val
Trompia e segnalare eventuali movimenti militari dei dintorni: la rocca di S. Giorgio della Corna. La costruzione del modesto ma panoramico castello è ricordata dall’iscrizione posta sul sarcofago del feudatario stesso, morto nel 1325, conservato sulla facciata della Pieve di Iseo. L’iscrizione ricorda che il primitivo nome della “fortissima rocca di Bosine” era castello “del Crocifisso”, nome proveniente dalla vicina chiesetta dotata di cimitero. Il toponimo venne mutato poi in San Giorgio perché il luogo venne posto dagli Oldofredi
sotto il patrocinio del Santo guerriero, invocato come protettore dalla famiglia stessa. A conferma di tale consacrazione si trovavano all’interno della chiesa un altare dedicato a san Giorgio e un dipinto murale
che lo raffigurava. Nel XVII secolo il castello era già diroccato e oggi vi rimangono solo rovine.
La cavità riveste una notevole importanza sotto il profilo storico-archeologico per aver restituito, soprattutto tra Otto e Novecento, reperti fittili e metallici, in parte attribuiti alla preistoria, in parte ad età gallica, altri all’epoca medievale, che mostrano una continuità insediativa straordinaria, da parte dell’uomo, attraverso le varie epoche.
I reperti più antichi (media età del bronzo, XV-XIV secolo a.C.), rinvenuti sotto grossi massi di crollo della volta, sono costituiti da frammenti in ceramica grezza di scodelle ed uno spillone a capocchia leggermente conica in bronzo, probabilmente connessi a riti di propiziazione delle acque.
In epoca romana alla base della parete rocciosa transitava sicuramente un acquedotto che provenendo dalla sorgente perenne del Covelo si portava verso Iseo presumibilmente nella zona della Pieve.
In prossimità della direzione di uscita dell’acqua dalla grotta, si rintracciano delle murature e dei fori di alloggiamento di travi in legno, forse di età medievale, che indicherebbero la presenza nel passato di attrezzature atte a sfruttare l’energia idraulica. Altri fori si localizzano soprattutto nella parte della cavità che si
apre in alto a sinistra rispetto all’ingresso che prefigurerebbero la presenza nell’ampia cavità di abitazioni pensili a graticcio in legno erette in epoca imprecisata per motivi di sicurezza o di difesa.
La grotta ha da sempre suscitato negli abitanti del luogo un senso di timore tanto che il padre cappuccino Fulgenzio Rinaldi nel 1685 invitava i contemporanei a non entrarvi. Sullo sperone di roccia (località Bosine) sovrastante la grotta, Giacomo Oldofredi fece erigere un castello che doveva sorvegliare la strada per la Val
Trompia e segnalare eventuali movimenti militari dei dintorni: la rocca di S. Giorgio della Corna. La costruzione del modesto ma panoramico castello è ricordata dall’iscrizione posta sul sarcofago del feudatario stesso, morto nel 1325, conservato sulla facciata della Pieve di Iseo. L’iscrizione ricorda che il primitivo nome della “fortissima rocca di Bosine” era castello “del Crocifisso”, nome proveniente dalla vicina chiesetta dotata di cimitero. Il toponimo venne mutato poi in San Giorgio perché il luogo venne posto dagli Oldofredi
sotto il patrocinio del Santo guerriero, invocato come protettore dalla famiglia stessa. A conferma di tale consacrazione si trovavano all’interno della chiesa un altare dedicato a san Giorgio e un dipinto murale
che lo raffigurava. Nel XVII secolo il castello era già diroccato e oggi vi rimangono solo rovine.